CODICE DEONTOLOGICO FORENSE
(approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 241 del 16 ottobre 2014)
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1 – L’avvocato
1. L’avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà,
l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando, nel
processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
2. L’avvocato, nell’esercizio del suo ministero, vigila sulla
conformità delle leggi ai principi della Costituzione e
dell’Ordinamento dell’Unione Europea e sul rispetto dei medesimi
principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e
nell’interesse della parte assistita.
3. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e
la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela,
della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia
della prestazione professionale.
Art. 2 – Norme deontologiche e ambito di applicazione
1. Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati
nella loro attività professionale, nei reciproci rapporti e in
quelli con i terzi; si applicano anche ai comportamenti nella
vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione
personale o l’immagine della professione forense.
2. I praticanti sono soggetti ai doveri e alle norme
deontologiche degli avvocati e al potere disciplinare degli
Organi forensi.
Art. 3 – Attività all’estero e attività in Italia dello straniero
1. Nell’esercizio di attività professionale all’estero
l’avvocato italiano deve rispettare le norme deontologiche
interne, nonché quelle del Paese in cui viene svolta l’attività.
2. In caso di contrasto fra le due normative prevale quella del
Paese ospitante, purché non confliggente con l’interesse
pubblico al corretto esercizio dell’attività professionale.
3.
L’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale
in Italia, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche
italiane.
Art. 4 – Volontarietà dell’azione
1. La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza
dei doveri e delle regole di condotta dettati dalla legge e
dalla deontologia, nonché dalla coscienza e volontà delle azioni
od omissioni.
2. L’avvocato, cui sia imputabile un comportamento non colposo
che abbia violato la legge penale, è sottoposto a procedimento
disciplinare, salva in questa sede ogni autonoma valutazione sul
fatto commesso.
Art. 5 – Condizione per l’esercizio dell’attività professionale
L’iscrizione agli albi costituisce condizione per l’esercizio
dell’attività riservata all’avvocato.
Art. 6 – Dovere di evitare incompatibilità
1. L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la
permanenza dell’iscrizione all'albo.
2. L'avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili
con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione
forense.
Art. 7 – Responsabilità disciplinare per atti di associati, collaboratori e sostituti
L’avvocato è personalmente responsabile per condotte,
determinate da suo incarico, ascrivibili a suoi associati,
collaboratori e sostituti, salvo che il fatto integri una loro
esclusiva e autonoma responsabilità.
Art. 8 - Responsabilità disciplinare della società
1. Alla società tra avvocati si applicano, in quanto
compatibili, le norme del presente codice.
2. La responsabilità disciplinare della società concorre con
quella del socio quando la violazione
deontologica commessa da quest’ultimo è ricollegabile a
direttive impartite dalla società.
Art. 9 – Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza
1. L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con
indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro,
diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale
e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e
leale concorrenza.
2. L’avvocato, anche al di fuori dell’attività professionale,
deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella
salvaguardia della propria reputazione e della immagine della
professione forense.
Art. 10 – Dovere di fedeltà
L’avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto,
svolgendo la propria attività a tutela dell’interesse della
parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e
sociale della difesa.
Art. 11 – Rapporto di fiducia e accettazione dell’incarico
1. L’avvocato è libero di accettare l’incarico.
2. Il rapporto con il cliente e con la parte assistita è fondato
sulla fiducia.
3. L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio,
quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi
di prestare la propria attività o interromperla.
4. L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori per il
patrocinio a spese dello Stato può rifiutare la nomina o
recedere dall’incarico conferito dal non abbiente solo per
giustificati motivi.
Art. 12 – Dovere di diligenza
L’avvocato deve svolgere la propria attività con coscienza e
diligenza, assicurando la qualità della prestazione
professionale.
Art. 13 – Dovere di segretezza e riservatezza
L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte
assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e
al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo
apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in
giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza
legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni
professionali.
Art. 14 – Dovere di competenza
L’avvocato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni
professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado
di svolgere con adeguata competenza.
Art. 15 – Dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua
L’avvocato deve curare costantemente la preparazione
professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con
particolare riferimento ai settori di specializzazione e a
quelli di attività prevalente.
Art. 16 – Dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo
1. L’avvocato deve provvedere agli adempimenti fiscali e
previdenziali previsti dalle norme in materia.
2. L’avvocato deve adempiere agli obblighi assicurativi previsti
dalla legge.
3. L’avvocato deve corrispondere regolarmente e tempestivamente
i contributi dovuti alle Istituzioni forensi.
Art. 17 – Informazione sull’esercizio dell’attività professionale
1. È consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della
collettività, l’informazione sulla propria attività
professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio,
sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e
professionali posseduti.
2. Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo,
anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere,
corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o
suggestive e non comparative.
3. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento
alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.
Art. 18 – Doveri nei rapporti con gli organi di informazione
1. Nei rapporti con gli organi di informazione l’avvocato deve
ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei
doveri di discrezione e riservatezza; con il consenso della
parte assistita, e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, può
fornire agli organi di informazione notizie purché non
coperte dal segreto di indagine.
2. L'avvocato è tenuto in ogni caso ad assicurare l’anonimato
dei minori.
Art. 19 - Doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi
L’avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle
Istituzioni forensi un comportamento ispirato a correttezza e
lealtà.
Art. 20 - Responsabilità disciplinare
La violazione dei doveri di cui ai precedenti articoli
costituisce illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi
previste nei titoli II, III, IV, V, VI di questo codice.
Art. 21 - Potestà disciplinare
1. Spetta agli Organi disciplinari la potestà di applicare, nel
rispetto delle procedure previste dalle norme, anche
regolamentari, le sanzioni adeguate e proporzionate alla
violazione deontologica commessa.
2. Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo
dell’incolpato; la sanzione è unica anche quando siano
contestati più addebiti nell’ambito del medesimo procedimento.
3. La sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto,
al grado della colpa, all’eventuale sussistenza del dolo ed alla
sua intensità, al comportamento dell’incolpato, precedente e
successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze, soggettive
e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione.
4. Nella determinazione della sanzione si deve altresì tenere
conto del pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita
e dal cliente, della compromissione dell’immagine della
professione forense, della vita professionale, dei precedenti
disciplinari.
1. Le sanzioni disciplinari sono:
Art. 22 – Sanzioni
a) Avvertimento: consiste nell’informare l’incolpato che la sua
condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di
legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni;
può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e
vi è motivo di ritenere che l’incolpato non
commetta altre infrazioni.
b) Censura: consiste nel biasimo formale e si applica quando la
gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i
precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al
fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra
infrazione.
c) Sospensione: consiste nell’esclusione temporanea, da due mesi
a cinque anni, dall’esercizio della professione o dal
praticantato e si applica per infrazioni consistenti in
comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono
le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura.
d) Radiazione: consiste nell’esclusione definitiva dall’albo,
elenco o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi altro
albo, elenco o registro, fatto salvo quanto previsto dalla
legge; è inflitta per violazioni molto gravi che rendono
incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o
registro.
2. Nei casi più gravi, la sanzione disciplinare può essere aumentata, nel suo massimo:
a) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi, nel caso sia prevista la sanzione dell’avvertimento;
b) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale non superiore a un anno, nel caso sia prevista la
sanzione della censura;
c) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale non superiore a tre anni, nel caso sia prevista la
sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale fino a un anno;
d) fino alla radiazione, nel caso sia prevista la sanzione della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a
tre anni.
3. Nei casi meno gravi, la sanzione disciplinare può essere
diminuita:
a) all’avvertimento, nel caso sia prevista la sanzione della
censura;
b) alla censura, nel caso sia prevista la sanzione della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un
anno;
c) alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale
fino a due mesi nel caso sia prevista la sospensione
dall’esercizio della professione da uno a tre anni.
4. Nei casi di infrazioni lievi e scusabili, all’incolpato è
fatto richiamo verbale, non avente carattere di sanzione
disciplinare.
TITOLO II
RAPPORTI CON IL CLIENTE E CON LA PARTE ASSISTITA
Art. 23 – Conferimento dell’incarico
1. L’incarico è conferito dalla parte assistita; qualora sia
conferito da un terzo, nell’interesse proprio o della parte
assistita, l’incarico deve essere accettato solo con il consenso
di quest’ultima e va svolto nel suo esclusivo interesse.
2. L’avvocato, prima di assumere l’incarico, deve accertare
l’identità della persona che lo conferisce e della parte
assistita.
3. L’avvocato, dopo il conferimento del mandato, non deve
intrattenere con il cliente e con la parte assistita rapporti
economici, patrimoniali, commerciali o di qualsiasi altra
natura, che in qualunque modo possano influire sul rapporto
professionale, salvo quanto previsto dall’art. 25.
4. L’avvocato non deve consigliare azioni inutilmente gravose.
5. L’avvocato è libero di accettare l’incarico, ma deve
rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi
conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione
di operazione illecita.
6. L’avvocato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi
nulli, illeciti o fraudolenti.
7. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei divieti di cui ai commi 3 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La
violazione dei doveri di cui ai commi 5 e 6 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.
Art. 24 – Conflitto di interessi
1. L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale
quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi
della parte assistita e del cliente o interferire con lo
svolgimento di altro incarico anche non professionale.
2. L’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve
conservare la propria indipendenza e difendere la propria
libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche
correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.
3. Il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il
nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle
informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la
conoscenza degli affari di una parte possa favorire
ingiustamente un’altra parte assistita o cliente, l’adempimento
di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato
nello svolgimento del nuovo incarico.
4. L’avvocato deve comunicare alla parte assistita e al cliente
l’esistenza di circostanze impeditive per la prestazione
dell’attività richiesta.
5. Il dovere di astensione sussiste anche se le parti aventi
interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano
partecipi di una stessa società di avvocati o associazione
professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino
professionalmente in maniera non occasionale.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 3 e 5 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La
violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 25 – Accordi sulla definizione del compenso
1. La pattuizione dei compensi, fermo quanto previsto dall’art.
29, quarto comma, è libera. È ammessa la pattuizione a tempo, in
misura forfettaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più
affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della
prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera
attività, a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si
prevede possa giovarsene il destinatario della prestazione, non
soltanto a livello strettamente patrimoniale.
2. Sono vietati i patti con i quali l’avvocato percepisca come
compenso, in tutto o in parte, una quota del bene oggetto della
prestazione o della ragione litigiosa.
3. La violazione del divieto di cui al precedente comma comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.
Art. 26 – Adempimento del mandato
1. L’accettazione di un incarico professionale presuppone la
competenza a svolgerlo.
2. L’avvocato, in caso di incarichi che comportino anche
competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e
alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con
altro collega in possesso di dette competenze.
3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato,
ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o
alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante
trascuratezza degli interessi della parte assistita.
4. Il difensore nominato d’ufficio, ove sia impedito di
partecipare a singole attività processuali, deve darne
tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente
ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è
responsabile dell’adempimento dell’incarico.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 27 – Doveri di informazione
1. L’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita,
all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e
dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare,
precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione.
2. L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita
sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri
ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma
scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il
prevedibile costo della prestazione.
3. L'avvocato, all'atto del conferimento dell'incarico, deve
informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della
possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto
dalla legge; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al
contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.
4. L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, all’atto del
conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita
della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello
Stato.
5. L’avvocato deve rendere noti al cliente ed alla parte
assistita gli estremi della propria polizza assicurativa.
6. L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare
il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a
lui affidato e deve fornire loro copia di tutti gli atti e
documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del
mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale
che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48,
terzo comma, del presente codice.
7. Fermo quanto previsto dall’art. 26, l’avvocato deve
comunicare alla parte assistita la necessità del
compimento di atti necessari ad evitare prescrizioni, decadenze
o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in
corso.
8. L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se
nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso
legittimamente nell’esercizio del mandato.
9. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 28 – Riserbo e segreto professionale
1. È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale
dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo
sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano
fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle
delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
2. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato
sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non
accettato.
3. L’avvocato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto
professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da
dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori, anche
occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella
loro qualità o per effetto dell’attività svolta.
4. È consentito all’avvocato derogare ai doveri di cui sopra
qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:
a) per lo svolgimento dell’attività di difesa;
b) per impedire la commissione di un reato di particolare
gravità;
c) per allegare circostanze di fatto in una controversia tra
avvocato e cliente o parte assistita;
d) nell’ambito di una procedura disciplinare.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto
strettamente necessario per il fine tutelato.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei
casi in cui la violazione attenga al segreto professionale,
l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale da uno a tre anni.
Art. 29 – Richiesta di pagamento
1. L’avvocato, nel corso del rapporto professionale, può
chiedere la corresponsione di anticipi, ragguagliati alle spese
sostenute e da sostenere, nonché di acconti sul compenso,
commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni
richieste per l’espletamento dell’incarico.
2. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e
degli acconti ricevuti e deve consegnare, a richiesta del
cliente, la relativa nota dettagliata.
3. L’avvocato deve emettere il prescritto documento fiscale per
ogni pagamento ricevuto.
4. L’avvocato non deve richiedere compensi o acconti
manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da svolgere.
5. L’avvocato, in caso di mancato pagamento da parte del
cliente, non deve richiedere un compenso maggiore di quello già
indicato, salvo ne abbia fatta riserva.
6. L’avvocato non deve subordinare al riconoscimento di propri
diritti, o all’esecuzione di prestazioni particolari da parte
del cliente, il versamento a questi delle somme riscosse per suo
conto.
7. L’avvocato non deve subordinare l’esecuzione di propri
adempimenti professionali al riconoscimento del diritto a
trattenere parte delle somme riscosse per conto del cliente o
della parte assistita.
8. L'avvocato, nominato difensore della parte ammessa al
patrocinio a spese dello Stato, non deve chiedere né percepire
dalla parte assistita o da terzi, a qualunque titolo, compensi o
rimborsi diversi da quelli previsti dalla legge.
9. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La
violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un
anno.
Art. 30 – Gestione di denaro altrui
1. L’avvocato deve gestire con diligenza il denaro ricevuto
dalla parte assistita o da terzi nell’adempimento dell’incarico
professionale ovvero quello ricevuto nell’interesse della parte
assistita e deve renderne conto sollecitamente.
2. L’avvocato non deve trattenere oltre il tempo strettamente
necessario le somme ricevute per conto della parte assistita,
senza il consenso di quest’ultima.
3. L’avvocato, nell’esercizio della propria attività
professionale, deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che
non siano riferibili ad un cliente.
4. L’avvocato, in caso di deposito fiduciario, deve
contestualmente ottenere istruzioni scritte ed attenervisi.
5. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La
violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un
anno. La violazione del dovere di cui al comma 3 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.
Art. 31 – Compensazione
1. L’avvocato deve mettere immediatamente a disposizione della
parte assistita le somme riscosse per conto della stessa.
2. L’avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque
ricevute a rimborso delle anticipazioni sostenute, con obbligo
di darne avviso al cliente.
3. L’avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque
ricevute imputandole a titolo di compenso:
a) quando vi sia il consenso del cliente e della parte
assistita;
b) quando si tratti di somme liquidate giudizialmente a titolo
di compenso a carico della controparte e l’avvocato non le abbia
già ricevute dal cliente o dalla parte assistita;
c) quando abbia già formulato una richiesta di pagamento del
proprio compenso espressamente accettata dal cliente.
4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La
violazione del dovere di cui al comma 2 comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare della censura.
Art. 32 – Rinuncia al mandato
1. L’avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le
cautele necessarie per evitare pregiudizi
alla parte assistita.
2. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla
parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto
necessario per non pregiudicarne la difesa.
3. In ipotesi di irreperibilità della parte assistita,
l’avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato
con lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo
domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l’adempimento di tale
formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è
esonerato da ogni altra attività, indipendentemente
dall’effettiva ricezione della rinuncia.
4. L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli
obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva
assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro
difensore.
5. L’avvocato deve comunque informare la parte assistita delle
comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli.
6. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 33 – Restituzione di documenti
1. L’avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli
atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita
per l’espletamento dell’incarico e consegnare loro copia di
tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi,
concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso
sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il
disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice.
2. L’avvocato non deve subordinare la restituzione della
documentazione al pagamento del proprio compenso.
3. L’avvocato può estrarre e conservare copia di tale
documentazione, anche senza il consenso del cliente e della
parte assistita.
4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l’applicazione
della censura.
Art. 34 – Azione contro il cliente e la parte assistita per il
pagamento del compenso
1. L’avvocato, per agire giudizialmente nei confronti del
cliente o della parte assistita per il
pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve
rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti.
2. La violazione del dovere di cui al comma precedente comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 35 – Dovere di corretta informazione (1)
1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività
professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le
stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza,
trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso
riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione
professionale.
2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri
professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie,
suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o
incarichi non inerenti l’attività professionale.
3. L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso
indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio
e l’Ordine di appartenenza.
4. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore
solo se sia o sia stato docente universitario di materie
giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia
di insegnamento.
5. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare
esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”,
con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora
abbia conseguito tale
abilitazione abilitazione.
6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di
professionisti e di terzi non organicamente o direttamente
collegati con lo studio dell’avvocato.
7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di
professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a
suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o
disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime
degli eredi.
8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare
il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché
questi vi consentano.
9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque
rispettare i principi di dignità e decoro della professione.
10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
(1) L’articolo è stato modificato con delibera del Consiglio nazionale forense del 22 gennaio 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale 3 maggio 2016, n. 102, all’esito delle procedure di consultazione di cui all’art. 35, comma 1, lett. d) della legge 31 dicembre 2012, n. 247, avviate ai sensi della delibera del Consiglio nazionale forense del 22 gennaio 2016.
Con la predetta delibera del 22 gennaio u.s. il Consiglio
nazionale forense ha provveduto:
- a modificare il comma 1, inserendo l’inciso: «quali che siano
i mezzi utilizzati per rendere le stesse»;
- a sopprimere i commi 9 e 10;
- a rinumerare, di conseguenza, i commi 11 e 12.
Il testo precedente del comma 1 così recitava: «1. L’avvocato
che dà informazioni sulla propria attività professionale deve
rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza,
segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla
natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.».
I commi soppressi così recitavano: «9. L’avvocato può
utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con
domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili
a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati
alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio
dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito
stesso. - 10. L’avvocato è responsabile del contenuto e della
sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti
commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta
che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al
sito.»
Art. 36 - Divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti
1. Costituisce illecito disciplinare l'uso di un titolo
professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività
in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
2. Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento
dell'avvocato che agevoli o, in qualsiasi altro modo diretto o
indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi
l'esercizio abusivo dell'attività di avvocato o consenta che
tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se
limitatamente al periodo di eventuale sospensione dell'esercizio
dell'attività.
3. La violazione del comma 1 comporta l'applicazione della
sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio
dell'attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione
del comma 2 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare
della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da
due a sei mesi.
Art. 37 – Divieto di accaparramento di clientela
1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo
di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza
e decoro.
2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a
terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la
presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi
professionali.
3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o
prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di
vantaggi per ottenere difese o incarichi.
4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta
persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli
utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in
generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne
richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una
persona determinata per uno specifico affare.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
TITOLO III
RAPPORTI CON I COLLEGHI
Art. 38 – Rapporto di colleganza
1. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti
di un collega per fatti attinenti all’esercizio della
professione deve dargliene preventiva comunicazione per
iscritto, salvo che l’avviso possa pregiudicare il diritto da
tutelare.
2. L’avvocato non deve registrare una conversazione telefonica
con un collega; la registrazione nel corso di una riunione è
consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
3. L’avvocato non deve riportare in atti processuali o riferire
in giudizio il contenuto di colloqui riservati intercorsi con
colleghi.
4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei divieti di cui ai commi 2 e 3 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 39 – Rapporti con i collaboratori dello studio
1. L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di
migliorare la loro preparazione professionale e non impedire od
ostacolare la loro crescita formativa, compensandone in maniera
adeguata la collaborazione, tenuto conto dell’utilizzo dei
servizi e delle strutture dello studio.
2. La violazione dei doveri di cui al presente articolo comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 40 – Rapporti con i praticanti
1. L’avvocato deve assicurare al praticante l’effettività e la
proficuità della pratica forense, al fine di consentirgli
un’adeguata formazione.
2. L’avvocato deve fornire al praticante un idoneo ambiente di
lavoro e, fermo l’obbligo del rimborso delle spese,
riconoscergli, dopo il primo semestre di pratica, un compenso
adeguato, tenuto conto dell’utilizzo dei servizi e delle
strutture dello studio.
3. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni
contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato
controllo e senza indulgere a motivi di favore o amicizia.
4. L’avvocato non deve incaricare il praticante di svolgere
attività difensiva non consentita.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione del divieto di cui al comma 4 comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare della censura.
Art. 41 – Rapporti con parte assistita da collega
1. L’avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la
controparte che sappia assistita da altro collega.
2. L’avvocato, in ogni stato del procedimento e in ogni grado
del giudizio, può avere contatti con le altre parti solo in
presenza del loro difensore o con il consenso di questi.
3. L’avvocato può indirizzare corrispondenza direttamente alla
controparte, inviandone sempre copia per conoscenza al collega
che la assiste, esclusivamente per richiedere comportamenti
determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o
decadenze.
4. L’avvocato non deve ricevere la controparte assistita da un
collega senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
5. La violazione dei doveri e divieti di cui al presente
articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare
della censura.
Art. 42 – Notizie riguardanti il collega
1. L’avvocato non deve esprimere apprezzamenti denigratori
sull’attività professionale di un collega.
2. L’avvocato non deve esibire in giudizio documenti relativi
alla posizione personale del collega avversario né utilizzare
notizie relative alla sua persona, salvo che il collega sia
parte del giudizio e che l’utilizzo di tali documenti e notizie
sia necessario alla tutela di un diritto.
3. La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 43 – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega
1. L’avvocato che incarichi direttamente altro collega di
esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve
provvedere a compensarlo, ove non adempia il cliente.
2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 44 – Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega
1. L’avvocato che abbia raggiunto con il collega avversario un
accordo transattivo, accettato dalle parti, deve astenersi dal
proporne impugnazione, salvo che la stessa sia giustificata da
fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non avere avuto
conoscenza.
2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 45 – Sostituzione del collega nell’attività di difesa
1. Nel caso di sostituzione di un collega per revoca
dell’incarico o rinuncia, il nuovo difensore deve rendere nota
la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza
pregiudizio per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte
le legittime richieste per le prestazioni svolte.
2. La violazione dei doveri di cui al precedente comma comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
TITOLO IV
DOVERI DELL’AVVOCATO NEL PROCESSO
Art. 46 – Dovere di difesa nel processo e rapporto di colleganza
1. Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria
condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando,
per quanto possibile, il rapporto di colleganza.
2. L’avvocato deve rispettare la puntualità sia in sede di
udienza che in ogni altra occasione di incontro con colleghi; la
ripetuta violazione del dovere costituisce illecito
disciplinare.
3. L’avvocato deve opporsi alle istanze irrituali o
ingiustificate che, formulate nel processo dalle controparti,
comportino pregiudizio per la parte assistita.
4. Il difensore nominato di fiducia deve comunicare
tempestivamente al collega, già nominato d’ufficio, l’incarico
ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve
sollecitare la parte a provvedere al pagamento di quanto dovuto
al difensore d’ufficio per l’attività svolta.
5. L’avvocato, nell’interesse della parte assistita e nel
rispetto della legge, collabora con i difensori delle altre
parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti.
6. L’avvocato, nei casi di difesa congiunta, deve consultare il
codifensore su ogni scelta processuale e informarlo del
contenuto dei colloqui con il comune assistito, al fine della
effettiva condivisione della difesa.
7. L’avvocato deve comunicare al collega avversario
l’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella
prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie.
8. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 6 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione del dovere di cui al comma 7 comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare della censura.
Art. 47 – Obbligo di dare istruzioni e informazioni al collega
1. L’avvocato deve dare tempestive istruzioni al collega
corrispondente e questi, del pari, è tenuto a dare al collega
sollecite e dettagliate informazioni sull’attività svolta e da
svolgere.
2. L’elezione di domicilio presso un collega deve essergli
preventivamente comunicata e da questi essere consentita.
3. L’avvocato corrispondente non deve definire direttamente una
controversia, in via transattiva, senza informare il collega che
gli ha affidato l’incarico.
4. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve
adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi
della parte, informando non appena possibile il collega che gli
ha affidato l’incarico.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione del divieto di cui al comma 3 comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare della censura.
Art. 48 – Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega
1. L’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o
riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente
tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella
contenente proposte transattive e relative risposte.
2. L’avvocato può produrre la corrispondenza intercorsa tra
colleghi quando la stessa:
a) costituisca perfezionamento e prova di un accordo;
b) assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.
3. L’avvocato non deve consegnare al cliente e alla parte
assistita la corrispondenza riservata tra colleghi; può, qualora
venga meno il mandato professionale, consegnarla al collega che
gli succede, a sua volta tenuto ad osservare il medesimo dovere
di riservatezza.
4. L’abuso della clausola di riservatezza costituisce autonomo
illecito disciplinare.
5. La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 49 – Doveri del difensore
1. L’avvocato nominato difensore d’ufficio deve comunicare alla
parte assistita che ha facoltà di scegliersi un difensore di
fiducia e informarla che anche il difensore d’ufficio ha diritto
ad essere retribuito.
2. L’avvocato non deve assumere la difesa di più indagati o
imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei
confronti di altro indagato o imputato nel medesimo procedimento
o in procedimento connesso o collegato.
3. L’avvocato indagato o imputato in un procedimento penale non
può assumere o mantenere la difesa di altra parte nell’ambito
dello stesso procedimento.
4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei divieti di cui ai commi 2 e 3 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un
anno.
Art. 50 – Dovere di verità
1. L’avvocato non deve introdurre nel procedimento prove,
elementi di prova o documenti che
sappia essere falsi.
2. L’avvocato non deve utilizzare nel procedimento prove,
elementi di prova o documenti prodotti o provenienti dalla parte
assistita che sappia o apprenda essere falsi.
3. L’avvocato che apprenda, anche successivamente,
dell’introduzione nel procedimento di prove, elementi di prova o
documenti falsi, provenienti dalla parte assistita, non può
utilizzarli o deve rinunciare al mandato
4. L’avvocato non deve impegnare di fronte al giudice la propria
parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
5. L’avvocato, nel procedimento, non deve rendere false
dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di fatti di cui abbia
diretta conoscenza e suscettibili di essere assunti come
presupposto di un provvedimento del magistrato.
6. L’avvocato, nella presentazione di istanze o richieste
riguardanti lo stesso fatto, deve indicare i provvedimenti già
ottenuti, compresi quelli di rigetto.
7. La violazione dei divieti di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a
tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 6 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 51 – La testimonianza dell’avvocato
1. L’avvocato deve astenersi, salvo casi eccezionali, dal
deporre, come persona informata sui fatti o come testimone, su
circostanze apprese nell’esercizio della propria attività
professionale e ad essa inerenti.
2. L’avvocato deve comunque astenersi dal deporre sul contenuto
di quanto appreso nel corso di
colloqui riservati con colleghi nonché sul contenuto della
corrispondenza riservata intercorsa con questi ultimi.
3. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone o
persona informata sui fatti non deve assumere il mandato e, se
lo ha assunto, deve rinunciarvi e non può riassumerlo.
4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 52 – Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti
1. L’avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti
negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività
professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti
o terzi.
2. La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese
non escludono la rilevanza disciplinare della condotta.
3. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 53 – Rapporti con i magistrati
1. I rapporti con i magistrati devono essere improntati a
dignità e a reciproco rispetto.
2. L’avvocato, salvo casi particolari, non deve interloquire con
il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza
del collega avversario.
3. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato
onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali
funzioni e le norme sulle incompatibilità.
4. L’avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia,
familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o
richiedere favori e preferenze, né ostentare l’esistenza di tali
rapporti.
5. L’avvocato componente del Consiglio dell’Ordine non deve
accettare incarichi giudiziari da parte dei magistrati del
circondario, fatta eccezione per le nomine a difensore
d’ufficio.
6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
censura.
Art. 54 – Rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici
1. I divieti e doveri di cui all’art. 53, commi 1, 2 e 4, si
applicano anche ai rapporti dell’avvocato
con arbitri, conciliatori, mediatori, periti, consulenti tecnici
d’ufficio e della controparte.
2. La violazione dei divieti e doveri di cui al presente
articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare
della censura.
Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate
1. L’avvocato non deve intrattenersi con testimoni o persone
informate sui fatti oggetto della causa o del procedimento con
forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni
compiacenti.
2. Il difensore, nell’ambito del procedimento penale, ha facoltà
di procedere ad investigazioni difensive nei modi e termini
previsti dalla legge e nel rispetto delle disposizioni che
seguono e di quelle emanate dall’Autorità Garante per la
protezione dei dati personali.
3. Il difensore deve mantenere il segreto sugli atti delle
investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne
faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta
causa nell’interesse della parte assistita.
4. Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti,
collaboratori, investigatori privati autorizzati e consulenti
tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i
documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche
nella ipotesi di segretazione degli atti, imponendo il vincolo
del segreto e l’obbligo di comunicare esclusivamente a lui i
risultati dell’attività.
5. Il difensore deve conservare scrupolosamente e riservatamente
la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il
tempo necessario o utile all’esercizio della difesa.
6. Gli avvisi, che il difensore e gli altri soggetti
eventualmente da lui delegati sono tenuti a dare per legge alle
persone interpellate ai fini delle investigazioni, devono essere
documentati per iscritto.
7. Il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente
delegati non devono corrispondere alle persone, interpellate ai
fini delle investigazioni, compensi o indennità sotto qualsiasi
forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole
spese documentate.
8. Per conferire con la persona offesa dal reato, assumere
informazioni dalla stessa o richiedere dichiarazioni scritte, il
difensore deve procedere con invito scritto, previo avviso
all’eventuale difensore della stessa persona offesa, se
conosciuto; in ogni caso nell’invito è indicata l’opportunità
che la persona provveda a consultare un difensore perché
intervenga all’atto.
9. Il difensore deve informare i prossimi congiunti della
persona imputata o sottoposta ad indagini
della facoltà di astenersi dal rispondere, specificando che,
qualora non intendano avvalersene, sono obbligati a riferire la
verità.
10. Il difensore deve documentare in forma integrale le
informazioni assunte; quando è disposta la riproduzione, anche
fonografica, le informazioni possono essere documentate in forma
riassuntiva.
11. Il difensore non deve consegnare copia o estratto del
verbale alla persona che ha reso informazioni, né al suo
difensore.
12. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La
violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e
delle prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 7 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un
anno. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di
legge e delle prescrizioni di cui ai commi 5, 6, 8, 9, 10 e 11
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
censura.
Art. 56 – Ascolto del minore
1. L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona
minore di età senza il consenso degli esercenti la
responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di
interessi con gli stessi.
2. L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia
familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio
e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle
stesse.
3. L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire
con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o
richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli
esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della
facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della
presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni
caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
4. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei
mesi a un anno.
Art. 57 – Rapporti con organi di informazione e attività di comunicazione
1. L’avvocato, fatte salve le esigenze di difesa della parte
assistita, nei rapporti con gli organi di
informazione e in ogni attività di comunicazione, non deve
fornire notizie coperte dal segreto di indagine, spendere il
nome dei propri clienti e assistiti, enfatizzare le proprie
capacità professionali, sollecitare articoli o interviste e
convocare conferenze stampa.
2. L’avvocato deve in ogni caso assicurare l’anonimato dei
minori.
3. La violazione del divieto di cui al comma 1 e del dovere di
cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione
disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale da due a sei mesi.
Art. 58 – Notifica in proprio
1. Il compimento di abusi nell’esercizio delle facoltà previste
dalla legge in materia di notificazione costituisce illecito
disciplinare.
2. Il comportamento di cui al comma precedente comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.
Art. 59 – Calendario del processo
1. Il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario del
processo civile, ove determinato esclusivamente dal
comportamento dilatorio dell’avvocato, costituisce illecito
disciplinare.
2. La violazione del comma precedente comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 60 – Astensione dalle udienze
1. L’avvocato ha diritto di astenersi dal partecipare alle
udienze e alle altre attività giudiziarie quando l’astensione
sia proclamata dagli Organi forensi, ma deve attenersi alle
disposizioni del codice di autoregolamentazione e alle norme
vigenti.
2. L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire
alla astensione deve informare con congruo anticipo gli altri
difensori costituiti.
3. L’avvocato non può aderire o dissociarsi dalla proclamata
astensione a seconda delle proprie contingenti convenienze.
4. L’avvocato che aderisca all’astensione non può dissociarsene
con riferimento a singole giornate o a proprie specifiche
attività né può aderirvi parzialmente, in certi giorni o per
particolari proprie
attività professionali.
5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 61 – Arbitrato
1. L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro deve
improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e
vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità e
indipendenza.
2. L’avvocato non deve assumere la funzione di arbitro quando
abbia in corso, o abbia avuto negli ultimi due anni, rapporti
professionali con una delle parti e, comunque, se ricorre una
delle ipotesi di ricusazione degli arbitri previste dal codice
di rito.
3. L’avvocato non deve accettare la nomina ad arbitro se una
delle parti del procedimento sia assistita, o sia stata
assistita negli ultimi due anni, da altro professionista di lui
socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi
locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare per iscritto alle parti
ogni ulteriore circostanza di fatto e ogni rapporto con i
difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al fine
di ottenere il consenso delle parti stesse all’espletamento
dell’incarico.
4. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel
corso del procedimento in modo da preservare la fiducia in lui
riposta dalle parti e deve rimanere immune da influenze e
condizionamenti esterni di qualunque tipo.
5. L’avvocato nella veste di arbitro:
a) deve mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a
conoscenza in ragione del procedimento arbitrale;
b) non deve fornire notizie su questioni attinenti al
procedimento;
c) non deve rendere nota la decisione prima che questa sia
formalmente comunicata a tutte le parti.
6. L’avvocato che ha svolto l’incarico di arbitro non deve
intrattenere rapporti professionali con una delle parti:
a) se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del
procedimento;
b) se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del
procedimento stesso.
7. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati
ovvero che esercitino negli stessi locali.
8. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 1, 3, 4,
5, 6 e 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare
della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da
due a sei mesi. La violazione del divieto di cui al comma 2
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei
mesi a un anno.
Art. 62 – Mediazione
1. L’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve
rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le
previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei
limiti in cui queste ultime previsioni non contrastino con
quelle del presente codice.
2. L’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in
difetto di adeguata competenza.
3. Non deve assumere la funzione di mediatore l’avvocato:
a) che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni
rapporti professionali con una delle parti;
b) se una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli
ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui
associato ovvero che eserciti negli stessi locali.
In ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione
dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di
ricusazione degli arbitri previste dal codice di rito.
4. L’avvocato che ha svolto l’incarico di mediatore non deve
intrattenere rapporti professionali con una delle parti:
a) se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del
procedimento;
b) se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del
procedimento stesso.
Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero
che esercitino negli stessi locali.
5. L’avvocato non deve consentire che l’organismo di mediazione
abbia sede, a qualsiasi titolo, o svolga attività presso il suo
studio o che quest’ultimo abbia sede presso l’organismo di
mediazione.
6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 1 e 2
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
censura; la violazione dei divieti di cui ai commi 3, 4 e 5
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a
sei mesi.
TITOLO V
RAPPORTI CON TERZI E CONTROPARTI
Art. 63 – Rapporti con i terzi
1. L’avvocato, anche al di fuori dell’esercizio del suo
ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in
modo tale da non compromettere la dignità della professione e
l’affidamento dei terzi.
2. L’avvocato deve tenere un comportamento corretto e rispettoso
nei confronti dei propri dipendenti, del personale giudiziario e
di tutte le persone con le quali venga in contatto
nell’esercizio della professione.
3. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 64 – Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi
1. L’avvocato deve adempiere alle obbligazioni assunte nei
confronti dei terzi.
2. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della
professione assume carattere di illecito disciplinare quando,
per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità
della professione e l’affidamento dei terzi.
3. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.
Art. 65 – Minaccia di azioni alla controparte
1. L’avvocato può intimare alla controparte particolari
adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari,
denunce, querele o altre iniziative, informandola delle relative
conseguenze, ma non deve minacciare azioni o iniziative
sproporzionate o vessatorie.
2. L’avvocato che, prima di assumere iniziative, ritenga di
invitare la controparte ad un colloquio nel proprio studio, deve
precisarle che può essere accompagnata da un legale di fiducia.
3. L’avvocato può addebitare alla controparte competenze e spese
per l’attività prestata in sede stragiudiziale, purché la
richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio cliente.
4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 66 – Pluralità di azioni nei confronti della controparte
1. L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime
iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte,
quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della
parte assistita.
2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.
Art. 67 – Richiesta di compenso professionale alla controparte
1. L’avvocato non deve richiedere alla controparte il pagamento
del proprio compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di
specifica pattuizione e vi sia l’accordo del proprio cliente,
nonché in ogni altro caso previsto dalla legge.
2. L’avvocato, nel caso di inadempimento del cliente, può
chiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso
professionale a seguito di accordi, presi in qualsiasi forma,
con i quali viene definito un procedimento giudiziale o
arbitrale.
3. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Art. 68 – Assunzione di incarichi contro una parte già assistita
1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una
parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio
dalla cessazione del rapporto professionale.
2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro
una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non
sia estraneo a quello espletato in precedenza.
3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare
notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.
4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o
conviventi in controversie di natura familiare deve sempre
astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di
essi in controversie successive tra i medesimi.
5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie
familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria
assistenza in favore di uno dei genitori in successive
controversie aventi la medesima natura, e viceversa.
6. La violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 4 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La
violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a
tre anni.
TITOLO VI
RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI FORENSI
Art. 69 – Elezioni e rapporti con le Istituzioni forensi
1. L’avvocato, chiamato a far parte delle Istituzioni forensi,
deve adempiere l’incarico con diligenza, indipendenza e
imparzialità.
2. L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore
di candidati, ad elezioni ad Organi rappresentativi
dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza, evitando forme
di propaganda ed iniziative non consone alla dignità delle
funzioni.
3. È vietata ogni forma di iniziativa o propaganda elettorale
nella sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni
di voto.
4. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è
consentita la sola affissione delle liste elettorali e di
manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni.
5. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La
violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 4
comporta l’applicazione della sanzione disciplinare
dell’avvertimento.
Art. 70 – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine
1. L’avvocato, al momento dell’iscrizione all’albo, ha l’obbligo
di dichiarare l’eventuale sussistenza di rapporti di parentela,
coniugio, affinità e convivenza con magistrati, per i fini
voluti dall’ordinamento giudiziario; tale obbligo sussiste anche
con riferimento a sopravvenute variazioni.
2. L’avvocato deve dare comunicazione scritta e immediata al
Consiglio dell’Ordine di appartenenza, e a quello eventualmente
competente per territorio, della costituzione di associazioni o
società professionali, dell’apertura di studi principali,
secondari e di recapiti professionali e dei
successivi eventi modificativi.
3. L’avvocato può partecipare ad una sola associazione o società
tra avvocati.
4. L’avvocato deve assolvere gli obblighi previdenziali e
assicurativi previsti dalla legge, nonchè quelli contributivi
nei confronti delle Istituzioni forensi.
5. L’avvocato deve comunicare al proprio Consiglio dell’Ordine
gli estremi delle polizze assicurative ed ogni loro successiva
variazione.
6. L’avvocato deve rispettare i regolamenti del Consiglio
Nazionale Forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza
concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
7. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2, 3, 5 e 6 del
presente articolo comporta l’applicazione della sanzione
disciplinare dell’avvertimento; la violazione dei doveri di cui
al comma 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare
della censura.
Art. 71 – Dovere di collaborazione
1. L’avvocato deve collaborare con le Istituzioni forensi per
l’attuazione delle loro finalità, osservando scrupolosamente il
dovere di verità; a tal fine deve riferire fatti a sua
conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione
della giustizia, che richiedano iniziative o interventi
istituzionali.
2. Qualora le Istituzioni forensi richiedano all’avvocato
chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a situazioni
segnalate da terzi, tendenti ad ottenere notizie o adempimenti
nell’interesse degli stessi, la mancata sollecita risposta
dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
3. Nell'ambito di un procedimento disciplinare, o della fase ad
esso preliminare, la mancata sollecita risposta agli addebiti
comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e
difese non costituiscono autonomo illecito disciplinare, pur
potendo tali comportamenti essere valutati dall'organo
giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.
4. La violazione dei doveri di cui al comma 1 comporta
l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La
violazione dei doveri di cui al comma 2 comporta l’applicazione
della sanzione disciplinare della censura.
Art. 72 – Esame di abilitazione
1. L'avvocato che faccia pervenire, in qualsiasi modo, ad uno o
più candidati, prima o durante la
prova d’esame, testi relativi al tema proposto è punito con la
sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio
dell’attività professionale da due a sei mesi.
2. Qualora sia commissario di esame, la sanzione non può essere
inferiore alla sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale da uno a tre anni.
3. Il candidato che, nell'aula ove si svolge l'esame di
abilitazione, riceva scritti o appunti di qualunque genere, con
qualsiasi mezzo, e non ne faccia immediata denuncia alla
Commissione, è punito con la sanzione disciplinare della
censura.
TITOLO VII
DISPOSIZIONE FINALE
Art. 73 - Entrata in vigore
Il presente codice deontologico entra in vigore decorsi sessanta
giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.